domenica 18 gennaio 2015

Roma, un bersaglio da sempre nel mirino dell’”Islam militante”

Claudio Neridi Fabrizio Pace  - Abbiamo potuto approfondire con Claudio Neri, direttore dell’Istituto italiano di studi strategici, quali potrebbero essere state le cause che sono poi sfociate nei tragici eventi avvenuti  pochi giorni fa a Parigi. Il dott. Neri ci ha espresso un’analisi professionale su sulla vicenda francese ed ha iniziato con lo spiegare che questa evoluzione della strategia terroristica era già nota e prevista dalle migliori intelligence mondiali sin dagli anni appena successivi all’attentato delle Torri Gemelle. Il fatto che dei cittadini ormai europei o occidentali anche da due generazioni  (in questo caso francesi) di origini arabe o anche solo convertiti all’Islam siano oggi il pericolo degli attentati terroristici era già il timore\terrore dei grandi del mondo. Controllarli tutti è possibile ma molto difficoltoso pare solo in Francia vene siano 35.000 che potrebbero essere identificati come possibili soggetti pericolosi, sopratutto se si pensa che a causa della pesante crisi economica in cui versano molti stati europei alcuni Paesi hanno ridotto le risorse da utilizzare nella sicurezza. In più bisogna tenere presente che non tutti gli stati europei e anche quelli limitrofi all’Unione Europea non hanno la stessa linea di condotta nei confronti dei paesi presso cui molti di questi “soldati religiosi” vanno ad arruolarsi o a combattere. Un esempio potrebbe essere dato dal confine “morbido” tra Turchia  e medio oriente, dal quale transitano abbastanza agevolmente uomini ed armi . Questo perché per vera minaccia per la Turchia non è rappresentata dai terroristi. Occorrerebbe non solo una collaborazione delle intelligence  internazionali (come già avviene), ma anche una politica estera unitaria della U.E. Quello che i terroristi cercano, la reazione alla quale aspirano, è la cassa di risonanza mediatica che i loro atti producono nel mondo occidentale ma soprattutto nel mondo arabo\mussulmano. In tal modo, da un lato si veicola un messaggio politico, dall’altro si fanno proseliti. In questo momento come ci tiene a precisare Neri Al Qaeda  ed Isis, i due principali gruppi jihadisti, sono in una sorta di competizione contro il nemico comune rappresentato dall’occidente infedele.  Si tratta di due realtà differenti, con obiettivi, al momento differenti ma che potrebbero trovarsi a cooperare nella pianificazione e nella realizzazione di attacchi contro interessi occidentali.  Abbiamo quindi posto una domanda  molto ricorrente in questo periodo che riguarda la sicurezza nel nostro Paese e l’eventualità di un attacco. Il dott. Neri ha lasciato capire che purtroppo  la possibilità esiste e non viene sottovalutata dai nostri apparati di sicurezza i quali, comunque, affermano che non c’è, al momento, alcuna minaccia specifica.  Roma è ed è sempre stata un simbolo nel mondo, sia come città occidentale che come capitale religiosa dei cristiani nel mondo, la sua “conquista” e la sua sottomissione è uno degli obiettivi dichiarati del movimento jihadista. Le nostre forze dell’ordine presidiano molto bene il territorio ma contro questo genere di micro cellule che si auto attivano occorre solo investire in strumenti e strategie di prevenzione, creare una rete di informatori infiltrati, insomma si dovrebbe prendere esempio dai servizi israeliani. E’ importante anche l’azione della sorveglianza della rete, ma a più sicurezza equivale meno privacy, la sicurezza aumenta tanto quanto la gente è decisa a rinunziare ad una parte della propria privacy. In ogni caso il nostro esperto ci spiega che gli attentati non seguono un disegno geopolitico predefinito, “loro attaccano dove possono e dove riescono”. Questa la conclusione della nostra lunga e interessante conversazione con il direttore dell’Istituto italiano di studi strategici.

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